venerdì 25 aprile 2014

Elemosine

Oggi sono uscita con le bambine e siamo andate a fare la spesa. Il tragitto in macchina non e' lungo, ma essendo venerdi' ci siamo trovate nel giro di pochi minuti imbottigliate nel traffico. Subito si avvicina un tipo al mio finestrino: ha una maglietta logora e un cartello appeso al collo, con una scritta. Giro la testa. Non lo voglio vedere. Andiamo avanti per qualche metro, poi di nuovo fermi. Stavolta al finestrino si avvicinano un uomo che tiene la mano ad un bambino: l'uomo e' cieco e il bambino gli fa da guida. Mano tesa verso di noi. Poco piu' in la' la scena si ripete, ma stavolta e' una bambina ad accompagnare l'immancabile sfortunato. A tutti, regalo la mia indifferenza. Gia', indifferenza... Col cavolo! Questo e' quello che voglio far credere. Dentro sto macerando una rabbia infinita, un bisogno primordiale di urlare tutto il mio fiato contro questa gente, questo popolo, che si degrada davanti alle ruote della mia macchina, che si inginocchia supplicandomi chissà cosa, che tende le mani per afferrare...cosa?????? Cosa vuoi che ti dia? Qualche soldo? Tieni. Prendi pure tutto il mio portafogli. Ecco, questo e' il mio numero di conto in banca: vai, svuotalo! E poi?????? Una volta ripulitami la coscienza con uno, due mendicanti? Starò' meglio? Domani, quando li rivedrò e non avrò altro da dare, mi sentirò comunque a mio agio perché li ho già aiutati oggi? Quante parole si spendono sul significato dell'elemosina! Ma qui, che i poveri sono OVUNQUE e non si puo' davvero aiutare tutti, che stendere la mano ai lati della strada o approfittare delle disabilita' di qualcuno per commuovere e' un business, qui... A maggior ragione dovrebbero valere tutte le giustificazioni con cui ho costruito il mio pensiero. L'elemosina degrada chi la da' e chi la riceve. Ma la mia dignità, dopo che ho distolto lo sguardo, dov'e finita?

domenica 19 gennaio 2014

IMPRESSIONI DI UNA CONSUMATRICE

Ieri era sabato e, come tutti i sabati, sono andata a fare la spesa. Premetto che a me fare la spesa piace tantissimo: aggirarmi come un predatore tra i reparti del supermercato, annusare i profumi che, inevitabilmente, salgono dagli scaffali, ammirare l'esposizione ordinata dei prodotti, lasciarmi consapevolmente attirare da ogni genere di offerta... tutti aspetti che mi contraddistinguono come consumatrice accanita e perseverante; anche se la vera poesia la sento solo quando entro in una bottega artigiana, pure un supermercato per me ha il suo fascino. Soprattutto quando mi capita di viaggiare ed entrare in un grande magazzino "straniero".
In Nigeria, all'inizio, l'esperienza della spesa non era per me poi così gratificante : gli odori erano tutt'altro che piacevoli (primo fra tutti quello di naftalina, usata in dosi massicce per tener lontani dagli scaffali i temutissimi scarafaggi), i prodotti disposti un po' alla rinfusa, le corsie strette e ingombre, l'angolo delle offerte deludente... Insomma, fare la spesa mi sembrava più una tortura che un piacere! e poi il fatto che il rifornimento della varietà dei prodotti sia discontinuo, non mi permette di affezionarmi troppo ad un tipo di biscotti piuttosto che ad una marca di shampoo, cosa che mi fa sentire sempre insicura e confusa.
Il supermercato che frequento io si chiama Park and Shop, letteralmente Parcheggia e Compra, anche se la prima parte del nome è ingannevole, in quanto il parcheggio è assolutamente sottodimensionato al numero di macchine della clientela che, disperatamente, gira per ore alla ricerca di un buco in cui infilarsi (forse anche perchè il parcheggio è stato creato per delle macchine tipo utilitarie, ma qui girano solo SUV o simili...).Non trovando grandi soddisfazioni nel gironzolare tra le corsie, generalmente seguo un percorso fisso, sempre uguale, quasi da psicotica, agguantando sempre le stesse tipologie di prodotti, più o meno sempre nello stesso quantitativo, con l'ansia di non dimenticare nulla e dirigendomi infine, a capo chino, sconfitta, verso le casse, dove sempre mi aspetta una coda di almeno mezz'ora e un conto salatissimo, che solo in un negozio di prodotti biologici potrei aspettarmi.
Da qualche tempo, invece, ho iniziato a godere dell'esperienza della spesa settimanale: intanto perché in questi tre anni ho visto un notevole miglioramento nel servizio alla clientela e nella scelta dei prodotti offerti  (non vorrei azzardarmi a dire che forse hanno iniziato a prendersi un po' cura dei clienti, ma ci avviciniamo molto a questo concetto), ma soprattutto perché in effetti è cambiato il mio atteggiamento.  Quasi sempre mi capita che, all'ora in cui normalmente vado io fare la spesa, all'interno del supermercato mi senta un po' come una mosca bianca: nel senso letterale del termine! Anche se lo nascondo bene, di natura sono timida e generalmente mi piace passare inosservata. Difficile quando, in mezzo a centinaia di persone, sono l'unica con un colore di pelle diverso, no? eppure anche questo non mi pesa più, anzi! Le cassiere mi riconoscono e mi salutano gentilmente, chiedendomi notizie delle mie bambine; mi destreggio ormai bene anche con la lingua e riesco tranquillamente a chiedere informazioni sui prezzi o sulla tipologia di un prodotto; ormai so quali tipi di formaggio scegliere al banco gastronomia senza avere brutte sorprese (tipo non prendere formaggi nord europei arancioni fosforescenti e dal gusto di plastica riciclata)...
Ieri, poi, ho contato ben 20 (VENTI!) espatriati come me a zonzo per il Park and Shop: in particolare mi hanno colpito due signore, alte e bionde, forse americane, palesemente appena arrivate e un po' spaesate. Peccato non avere avuto il coraggio di avvicinarle e dire: "Coraggio! Prima o poi vi abituerete!!". Mi sono limitata a un sorriso, ho abbozzato un saluto e ho tirato dritto, con il mio carrello cigolante.