domenica 11 dicembre 2011

Luci di Natale

E' finalmente arrivato l'Armattan, il vento che soffia dal deserto e porta sulla citta' una cappa nebulosa simile alla nebbia. Dico "finalmente" perche' era da un po' che sentivo dire che quest'anno era in ritardo, cosi' mi unisco al coro di chi si compiace di questo evento atmosferico. Io, devo dire, non ho ancora un'opinione in merito ben precisa. Sicuramente il fatto che questo vento sollevi masse notevoli di polveri e che queste oscurino un po' il sole, porta ad un abbassamento della temperatura di cui non posso che pensare bene. Intanto la citta' viene decorata per Natale con luci, alberi finti, pacchetti e slitte, renne e quant'altro offra la gamma del genere. Di notte tutto risplende e crea un'atmosfera magica e surreale. Unita alla foschia provocata dall'armattan, quasi sembrerebbe di essere in una qualche cittadina della pianura padana sotto le feste. Ma la fantasticheria dura la frazione di un secondo. Poi ti giri e vedi un santone che cammina scalzo per la strada, vestito di una tunica rabberciata alla bell'e meglio, con dei rasta improponibili che gli fanno da cappello, e capisci Che l'Italia, l'Europa, sono distanti un bel po'...

mercoledì 10 agosto 2011

ritorno a casa

E' un po' che non scrivo su questa mia creatura virtuale. Del resto non ne ho avuto il tempo.
Già, il tempo: questo strano mostro che a volte non passa mai e altre, invece, corre come un purosangue.
Così, ridendo e scherzando, rieccoci tornati all'ovile, dopo le vacanze italiane. Mi sembra soltanto ieri che preparavo le valigie con tanta accuratezza, pensando ai vestiti per le bambine ed ai documenti necessari al viaggio, fantasticando su tutti gli incontri che avrei avuto con amici e parenti, preparando mentalmente tante occasioni di svago.
Il tempo in Italia va effettivamente più veloce, io credo, di quello africano. Qui le ore passano calme, quasi in sordina: ora sono le 10, tra un po', senza fretta, saranno le 11 e così via.
In Italia alle 8.15 sveglia, 8.30 colazione, 8.50 doccia, 9.35 dentista,... E' impossibile non accorgersi del tempo che scorre, perchè in realtà ogni minuto è organizzato e pianificato.
Non che in Nigeria non esistano impegni e appuntamenti: ma ci sono talmente tante variabili che possono interferire con una qualsivoglia pianificazione, che tutti sono abituati a modificare costantemente i loro impegni e il tempo è assolutamente una questione soggettiva. Per esempio, se un'amica ti dice che viene a trovarti, ti dirà "nel pomeriggio" e non "alle 15.00", perchè sa benissimo che, se dovesse rimanere bloccata nel traffico o se la ruota dell'auto dovesse forare, non riuscirebbe ad arrivare in tempo. Meglio tenersi larghi.
"Nel pomeriggio": un lasso di tempo più o meno lungo che impegna e non impegna. Io mi sento libera di andare a fare un riposino, di giocare con le bambine, ecco, magari non di andare a fare la spesa, quella la posso fare un altro giorno.
Ma con calma, non stabiliamo già una data.
Tanto il frigo è pieno.


venerdì 27 maggio 2011

per le strade allagate

Piove.
Anzi.
Diluvia.
Ne viene giù tanta, ma così tanta, che stanotte mi sono svegliata al suono, apparentemente innocente, del ticchettio dell'acqua... che dal soffitto grondava sul mio comodino!!!! Il tetto, un po' che è vecchio, un po' che ha degli anfratti inesplorati dall'uomo ma conosciutissimi dalle formiche (che li hanno perforati in lungo e in largo), è ridotto ad un colabrodo. Per cui, quando piove pesantemente, l'acqua passa e ci arriva direttamente in casa. Addirittura sulla testa, nel mio caso di stanotte.
Ma questi piccoli disagi domestici non sono niente in confronto a ciò che accade per le strade, dove il sistema di scolo delle acque non è assolutamente adeguato e dove ogni buca nasconde le potenzialità di un lago.
All'indomani di una nottata di nubifragio, lo spettacolo offerto dalle strade di Lagos è sensazionale. Il manto stradale è irriconoscibile: l'acqua si è portata via un bel po' di detriti di varia natura, depositandoli a marcire in grossi cumuli informi e maleodoranti, e in alcuni punti si sono formati veri e propri fiumi che continuano la loro folle corsa verso il mare, ignari della direzione da prendere.
In questo caos diluviano, dai finestrini del pulmino della scuola fermo nel traffico, mi sono soffermata ad osservare le macchine che, invano, cercavano di farsi strada nel pantano. Le più basse, ovviamente, erano quelle più a rischio: ne ho viste un paio ferme in mezzo ad una vera e propria palude, senza la possibilità di avanzare, il conducente con gli occhi speranzosi rivolti al cielo, nell'attesa di un imminente ritorno del sole evaporatore a sbloccare la situazione. I più fortunati, i camion, sfrecciavano come motoscafi in mezzo alla laguna. Un paio hanno attirato la mia attenzione: la pioggia aveva lavato via la crosta multiforme dalla carrozzeria, rivelando disegni coloratissimi e scritte incomparabili.
Allah is great
God time is the best
Peace mouvement
good luck
...
Ogni autista di camion o di pulmino che si rispetti, ha l'obbligo morale di dipingere sul proprio mezzo le proprie convinzioni religiose, il proprio pensiero filosofico o anche semplicemente il riferimento ad un salmo della Bibbia, magari particolarmente significativo. Un modo per dire a tutti, in modo immediato: "Io la penso così: guardati dal provocarmi o dal mancarmi di rispetto". E' segno di un alto grado di civiltà, credo. Così, incidentando con "Allah is great", ci si guarderà bene dal nominare il nome di quel dio invano, oppure davanti a "Good Luck", ci si dovrà rassegnare al fatto che, probabilmente, l'autista non è dotato di assicurazione contro gli infortuni.
Mentre "ragiono" di questi massimi sistemi nigeriani, il bus svolta: davanti a noi, nella rotonda, si profila lo scheletro di un gabbiotto della polizia, dove sostano i cosiddetti "Yellow Fever" in attesa di sprovveduti a cui fare contravvenzioni. Queste persone, versione nigeriana dei nostri vigili urbani, derivano il loro soprannome dalla camicia della divisa, di color giallo paglierino, e in realtà sono lavoratori autonomi, perchè non dipendono nè dallo stato nè dal comune della città. Semplicemente loro campano delle multe che riescono ad affibbiare agli utenti della strada. Capite bene che, non esistendo un codice della strada e neppure un sistema che imponga agli automobilisti e ai motociclisti di seguire un corso di guida (la patente si compra, basta tirar fuori i soldi), per non parlare di un minimo senso logico nell'uso dei segnali e delle precedenze, la potenzialità di arricchirsi sulle multe è altissima. Ecco perchè, a volte, sembra che gli  Yellow Fever  ti guardino con astio: se non sgarri, loro non guadagnano.
Ma no, è solo un'impressione, un'allucinazione data dal caldo! e infatti, a smentire ogni sospetto, anche loro hanno dipinto una scritta sul gabbiotto in cui sostano nell'attesa di punire gli errori altrui. A lettere variopinte è possibile leggere il loro motto: "POLICE IS YOUR FRIEND".

martedì 24 maggio 2011

Al parco naturale

Domenica scorsa io e la famigliola siamo andati in esplorazione. Senza bussola, senza cartine stradali, senza gps, senza nulla se non i nostri occhi e una curiosità ancestrale.
Obiettivo del tour di ricognizione era trovare nuove spiagge in cui passare il fine settimana, possibilmente corredate di palme da cocco e poco frequentate. Le scarse nozioni di geografia locali erano comunque sufficienti per indirizzarci verso sud e così, lasciata la "civiltà", abbiamo fatto vela verso i luoghi più selvaggi di questa enorme metropoli.
Che dirvi? Le spiagge si trovano, ma nulla di soddisfacente e così, avendo capito che il nostro obiettivo non sarebbe stato facile da perseguire, abbiamo cambiato rotta e ci siamo imbattuti nel parco dello Chevron. o della Chevron, va sapere...
Qualche settimana prima Emma ci era andata in gita con la scuola e così, con lei come guida, ci siamo inoltrati in questo parco, nato pochi anni fa allo scopo di preservare quel po' di natura che ancora esiste qui intorno.


E' un vasto spazio parzialmente organizzato: un circuito fatto ad 8, su di una passerella sopraelevata, in cui si possono ammirare esemplari rarissimi di fauna e flora locale. In quest'ordine: un uccello lacustre, due iguane, una biscia arborea, uno scoiattolo, cinque scimmie, milleottocentocinquantaduemilioni di zanzare, una famiglia di pavoni con cuccioli al seguito, una tartaruga di 10 anni e una di 97 (con cui ho fatto - e vinto- una competizione di rughe).

Il tour completo dovrebbe essere di circa un'ora, ma noi abbiamo fatto alcune pause...


Le scimmie sono le meno timide: non sono molte, ma evidentemente assuefatte alla presenza dell'uomo. Io mi sono immaginata di essere nelle loro pellicce e di essere in gita al parco degli uomini. "Guarda quell'umano, mamma! Ci sta guardando attraverso una strana scatola! Senti? Ha fatto click! E guarda quel cucciolo, che corre su quel bizzarro albero piatto...Che carini che sono! Gli possiamo dare le noccioline o è vietato?"


"Facciamo la gara a chi corre più veloce?". 
"No, senti: oggi ho mangiato troppa insalata. Mi sento appesantita. Facciamo un'altra volta?"


Ogni metro c'è questa natura incredibile che sussurra, che freme, che bisbiglia. Un ramo si spezza al passaggio di chissà quale esemplare e subito ci si ferma nel tentativo- vano- di sorprendere una scimmia nel suo saltare di ramo in ramo, o un'iguana che caccia tra le mangrovie.
 Il fitto del bosco è quasi opprimente: non soffia un filo d'aria, il caldo è umido ed intenso, gli unici rumori provengono interamente dalla natura, che prepotente cerca un suo ruolo da soubrette. Almeno qui. 


Poi, improvvisamente, una radura si apre davanti a noi. Lo spazio ristoro. Un parcogiochi. Un gruppo di variopinti personaggi seduti all'ombra degli alberi: una famigliola di indiani che, come noi, cerca un po' di pace in questa calda domenica. Oscar fa due tiri a cricket con loro e per un attimo sembra di essere in Italia, in uno di quei parchi, frequentatissimi nei giorni estivi, quando basta che uno tiri fuori un pallone ed è subito partita.
E ti capisci anche se non dici una parola, se comunichi a sorrisi.

sabato 30 aprile 2011

chocolat

Quest'anno, a Pasqua, niente uovo di cioccolata.
Qui non credo esista nulla del genere, eccezion fatta per degli scioltissimi ovetti kinder che lascio volentieri sugli scaffali del supermercato che osa proporli.
Ma, appena terminate le vacanze, il cioccolato si è imposto sulle nostre golosissime vite.
L'autista di Oscar, Joseph, è tornato dal villaggio con un sacco da  10 kg di fave di cacao: il padre è proprietario di una piantagione di cacao e così gli avevamo commissionato un "piccolo" assaggio della sua produzione.
Ragazzi!!! Ci si è aperto davanti tutto un mondo, all'apertura di quel sacco!
Intanto perchè il metodo di conservazione e stoccaggio è indescrivibile. Ma, superato l'impatto, affondare le mani in quei grani duri e profumatissimi è stato come entrare per la prima volta in una pasticceria che non si conosce: quali leccornie ci proporranno? quali incredibili sapori ci delizieranno il palato? che sensazioni proveremo?
Sbucciata la prima fava per vedere cosa celava al suo interno, abbiamo assaporato il seme senza pensarci due volte. Però, ecco, le fave di cacao non sono esattamente un dolce. Sono la materia prima, anzi, primissima, con cui si ottiene il cioccolato. E ne ricordano il gusto solo se uno ha molta immaginazione.
Un sapore primordiale ci ha coinvolto in un turbine di sensazioni senza volto e senza tempo.
Aspra, forte, quasi alcolica in un primo momento, la fragranza cacaosa ha prevalso verso la fine, ma con una prepotenza talmente selvaggia che non posso dire di esserne uscita compiaciuta.
Che fare?
Un sacco da 10 kg ci aspettava, in un angolo della sala.
Oscar, dopo una veloce consultazione di internet, ha dato il via alle sperimentazioni: tostatura, sbucciatura, massa di cacao, concaggio,...
Così, per una sera, la nostra casa si è trasformata in un laboratorio, è stata invasa dal profumo intenso e goloso del cacao tostato, ci siamo sentiti un po' come i conquistadores spagnoli alle prese con lo xocoatl dei Maya e un po' come Willy Wonka nella sua fabbrica.
O forse come Juliette Binoche nel film Chocolat, alle prese con le preferenze in fatto di cioccolato di ciascuno degli avventori del suo negozio.
Conquisteremo la Nigeria con il nostro cioccolato???

martedì 19 aprile 2011

Okada mon amour

Avevo già parlato degli okada, gli spericolatissimi taxisti su due ruote che popolano le strade di Lagos. Oggi ho tempo da perdere, le bambine dormono, le lezioni per domani sono state preparate, così mi soffermo a descrivere alcuni aspetti buffissimi che mi capita di cogliere quotidianamente per strada.
Gli okada, anche se sembrano dei centauri senza arte né parte, in realtà sono organizzati in un sindacato, con regole precise e normative che chi si accinge ad intraprendere questo mestiere deve conoscere. E’ divertente il fatto che, tra queste norme, non credo ci sia nulla relativo ad un qualsivoglia codice della strada. Una volta che posseggono una moto e hanno tutti gli arti necessari a guidarla, poco importa se conoscono o meno le norme che regolano il traffico stradale! Ecco dove tutto si complica! Il diritto di precedenza è un optional,  i pedoni si devono arrangiare, non parliamo poi del sorpasso! A destra o sinistra, basta che ci sia spazio. Anche il numero dei passeggeri è aleatorio: in genere ci si regola in base alla portata: se la moto è abbastanza comoda, possono salirvi anche quattro persone. O due più il bagaglio. Nei giorni scorsi ho assistito al passaggio di un okada che trasportava un uomo e la sua scala a pioli. Giuro!!! Avete presente quelle scale da cantiere, alte almeno tre metri? Ecco, proprio una di quelle.  Oggi poi ho visto una donna che portava un enorme contenitore di cibo: l’autista davanti, poi il cibo, poi lei e sulla sua schiena, ben avvolto nella fascia e addormentato come un angioletto, il suo pupo di pochi mesi.  Poco dopo un uomo molto distinto, con giacca e cravatta, è sfrecciato davanti alla mia macchina con una valigia tra lui e l’okada.
Insomma,  il trasporto a Lagos viaggia su due ruote e tutto quanto ci può stare sopra.
A me l’uso di tale mezzo è stato vietato dal marito. Da sottolineare: dal marito, non dal buon senso. La curiosità di provare questa ebbrezza è tale che lascerei volentieri da parte ogni prudenza. In effetti il divieto impostomi ha un suo perché: la maggior parte degli incidenti stradali qui avvengono per colpa degli okada, che sono davvero spericolati, anche perché i mezzi con cui devono confrontarsi generalmente sono camion giganteschi o suv  grandi come mammuth o ancora pulmini scassati con scarichi a prova di ztl. Non concedendo mai la precedenza (chissà, forse devono fare un giuramento del tipo: “Io, tizio caio, della categoria degli okada, giuro solennemente di non rispettare mai alcuna norma del codice stradale. Quandanche mi spiegassero come funziona una rotonda, io ignorerò l’insegnamento; quandanche , di fronte ad un semaforo rosso, mi venisse la tentazione di fermarmi, resisterò e continuerò la mia marcia. Questo prometto e giuro”) è facile rischiare ogni secondo di finire sotto le ruote grandi come poltrone dei propri vicini di corsia o, quel che peggio, di finire come un moscerino sul parabrezza della macchina che sta marciando nell’altro senso.
Così per ora rinuncerò. Ma non demordo. Lo prometto e lo giuro. Prima o poi ne acchiapperò anch’io uno al volo e…Via, sfreccerò per le strade di Lagos con i capelli al vento, Emma seduta davanti a me e Bianca sulla schiena. Oscar no. Non ci sta. E’ troppo anche per i canoni nigeriani. A meno che… non diventi lui stesso un okada!!!

 Okada che trasporta il motore di una macchina 

sabato 16 aprile 2011

sogno nel traffico

Caldo. Caldo che ti scioglie, ti paralizza, ti dà allucinazioni. Senza tregua, se non per l'artefatto refrigerio delle stanze rinfrescate ad aria condizionata.
Il caldo qui si misura a magliette che ti cambi nel giro di poche ore, a litri di acqua che ti scoli, a volte in cui sogni di sguazzare in una lama di un torrente di montagna.
A proposito di montagna... Qualche tempo fa un mio carissimo amico che vive ormai da anni all'estero mi aveva raccontato come, per chi è nato a ridosso di rilievi come noi, sia difficile abitare altrove, almeno in un primo periodo, in quanto la montagna fa da punto di riferimento, da schienale su cui appoggiarsi per riflettere e guardarsi in giro, da argine e confine del proprio universo.  Da qualche tempo ho iniziato a rendermi conto che in effetti qui, dove non esistono rilievi e le cose più alte sono orripilanti palazzoni di cemento e vetro, mi manca un appoggio, mi sento letteralmente persa: non riesco ad orientarmi, cosa in cui ero bravissima prima. Ancora oggi, se mi si chiede dov'è la mia casa rispetto al centro di Lagos, un po' tentenno a rispondere. E riesco poi ad uscire dall'imbarazzo solo perchè ho in mente l'immagine della foto presa dal satellite, vista più e più volte sul computer.
Quest'anelito montanaro unito al caldo dei giorni scorsi ha provocato l'episodio che vi sto per raccontare.
Ero sul pulmino della scuola, residuo bellico della Guerra delle Due Rose, in cui gli ammortizzatori sono fatti in pietra e i sedili in legno, e stavo tornando tutta sola da scuola. Tutta sola se vogliamo ignorare la presenza dell'autista e dell'accompagnatore, due personaggi le cui gesta rimarranno impresse nella mia mente per molti anni a venire. L'autista è un ragazzo di 20 anni, magro come un chiodo e direi anche abbastanza simpatico,se solo riuscissi a capire cosa dice e se non lo vedessi sempre fare solo due cose: guidare o dormire. Per fortuna mai contemporaneamente. Deve avere un sonno ancestrale, uno di quei sonni che non riesci a smaltire neppure in un'intera vita passata a fare il collaudatore di materassi. L'ho addirittura vista dormire sdraiato sul cofano di una macchina! L'accompagnatore è un uomo di età indefinita, vestito con improbabili camicie a scacchi modello taglialegna, che si dimostra sempre molto cerimonioso ed educato mentre apre la portiera ed attende che tu salga sul mezzo, per poi lasciare ogni contegno nel momento in cui il pulmino è parcheggiato nel cortile della scuola e lo trovi che dorme stravaggato sul sedile posteriore, con la canottiera fuori dalle braghe e uno stuzzicadente in mezzo ai premolari.
Comunque sia, quel mattino ho ignorato la presenza di questi due incredibili esempi di Homo dormiens nigerianus e mi sono sistemata alla bell'e meglio sul confortevole sedile in pino marittimo del pulmino scolastico. Mi accade sempre di immergermi in ogni tipo di riflessione, mentre viaggio verso casa al termine delle lezioni: a volte ripenso ai ragazzi che ho appena lasciato in classe, a volte mi chiedo come starà Emma, a volte ancora provo ad immaginare cosa stanno facendo a casa Bianca e la sua nuova nanny, che si chiama Nora. A volte, meno frequentemente, mi addormento. Questo che vi sto raccontando è proprio uno di questi casi. Mi sono appisolata dolcemente, per quanto fosse possibile vista la sistemazione, e sono subito piombata in un sogno fatto di nulla, di immagini sconnesse, di volti, di frasi,...
Poi, d'un tratto, tutto è cambiato: con il senno di poi credo che l'autista avesse appena imboccato una strada più dissestata, che ha provocato degli scossoni che sono entrati a far parte del mio sogno.
Mi trovavo in montagna, su, in alto, in cima ad un cocuzzolo; intorno a me, solo rocce e prati spazzati dal vento, quei venti di montagna che bruciano da tanto sono freddi, e che fischiano, da tanto sono potenti. Mi sentivo così libera e felice che non sentivo neppure più il mio peso corporeo (che, tra parentesi, nei miei sogni si aggira intorno ai 54 kg... Sennò che sogno sarebbe!?!) e volteggiavo qua e là come una leggiadra farfalla.
Correvo a rotta di collo giù dai pendii, ritornavo su sempre correndo (era proprio un sogno...) e saltellavo sulle rocce come uno stambecco. Nel mio vagabondaggio ad un certo punto ho incontrato un torrente, uno di quei magnifici microsistemi in cui puoi perderti per ore ad ammirare il miracolo della natura. Era anch'esso un piccolo ed innocente spettacolo: acque limpide, gelide, cristalline, in cui affondavo le mani per gustarne la gelida fragranza.
Proprio mentre mi accingevo ad abbeverarmi, improvvisamente, un lampo ha squarciato l'orizzonte, il cielo è diventato di un grigio intenso e un tuono (clacson?) fragoroso ha rotto il silenzio. Il vento, reso furioso dall'incalzare della tempesta, non mi permetteva di rimanere in piedi e così mi sono accasciata al suolo, cercando di raggiungere carponi un qualche rifugio in cui ripararmi. Ma, per poco che avanzassi, sempre il vento mi risbatteva indietro, sempre più in là, finchè ad un certo punto non mi sono trovata sul ciglio di un burrone. Ecco, ho pensato nel mio sogno, stavo così bene, ero così felice, e adesso precipiterò giù senza possibilità di salvezza. E tutto sommato ero anche serena nell'affrontare una fine così miserrima delle mie imprese!
Ma proprio mentre un piede era già in fallo e sentivo tutto il mio baricentro spostarsi verso il baratro, imminente alla caduta (probabilmente frenata improvvisa, ripresa, altra frenata, ecc.) ecco i soccorsi: un coso grosso, nero e setoso è corso in mio aiuto e mi ha salvato. A metà tra il sogno e la realtà, ho aperto gli occhi per far la conoscenza del mio benefattore. Non ci crederete. Una farfalla. Di quelle della biblioteca. Molte si sono infilate in pulmino e hanno creato una colonia, una succursale. Sono delle pendolari. Quella che mi ha "salvata" stava volando da un punto all'altro del pulmino e si è imbattuta nella mia faccia. Forse stava sognando anche lei. Di essere in montagna, di essere un'aquila e di salvare uno sprovveduto essere umano che stava per precipitare in un precipizio.

sabato 9 aprile 2011

Ultimissime da Lagos

Ciao a tutti, amici e simpatizzanti!
un'altra calda giornata si sta svolgendo qui in quel di Lagos. Calda sia per le temperature che per la politica locale: oggi è infatti la seconda giornata di votazione per le elezioni presidenziali, anche se in realtà la scorsa settimana non è stata considerata perchè a metà pomeriggio di sabato scorso hanno annullato tutto per problemi con le schede elettorali.
Sono appena uscita sul balcone e la prima cosa che mi ha colpita è stato il silenzio. Già perchè una giornata
No Movement significa niente macchine o okada (i taxi a due ruote) in giro. Ho addirittura sentito il gridio degli uccelli che popolano gli alberi del nostro giardino! Non mi era mai successo, dico davvero!
La giornata in famiglia procede bene, un po' sonnecchiosa. Bianca sta mettendo il primo dentino e stamattina aveva qualche linea di febbre. Oscar si è ricordato di aver visto nel cortile dietro casa un albero le cui foglie sono adatte a curare le alte temperature e così abbiamo preparato un decotto da somministrare alla pupa. Non so come conoscesse questa particolarità, forse quando era piccolo e viveva qui in Nigeria qualcuno deve averglielo detto. Fatto sta che, mentre lo stavamo preparando, il cuoco si è avvicinato e ci ha dato ulteriori informazioni: non si tratta di foglie qualsiasi, ma di chinino. Evvai!!!Così, invece di imbottirla di farmaci, cosa a cui sono contraria da sempre, ho trovato una cura naturale efficacissima. Per la posologia, nessun problema: il cuoco ci ha spiegato per filo e per segno come e quanto assumerne.
Oggi, a parte godermi la tranquillità familiare, mi sto anche leccando le ferite. Ieri infatti è successa una cosa bruttissima: abbiamo dovuto licenziare Stella. Sì, proprio lei, la nanny di Bianca. Ieri mattina i bambini della scuola sono andati in gita e io, dopo avere lavorato la prima ora, sono tornata a casa. con due ore di anticipo rispetto al solito. entro in casa e trovo il cuoco in cucina ( e dove, se no?) e Bianca addormentata in camera. di Stella neppure l'ombra. Chiedo spiegazioni al cuoco, il quale mi dice che, come al solito, la nanny ha fatto addormentare Bianca e se n'è andata. "Come al solito????". "Certo, dice lui, fa spesso così". Improvvisamente una furia rabbiosa mi ha assalito. Ho afferrato il cellulare e ho composto il numero di Stella. Bè, vi risparmio il resto. Vi basti sapere che, non potendomi più fidare di una persona che sistematicamente abbandona mia figlia per andare a fare chissà che, ho deciso di licenziarla. Non è stata una decisione facile, ma mi sono sentita così tradita e così ingannata che tutto sommato sono stata persino contenta della mia reazione nei suoi confronti. Lei sapeva di aver tradito la mia fiducia. Sapeva che non sarei stata contenta di sapere che ogni mattina lei abbandonava il mio piccolo tesoro. Così se n'è andata. Senza salutare. E pensare che, dopo averne sentite d'ogni sulle nanny di amiche e conoscenti, mi ritenevo una fortunata! la mia ci sapeva fare con le bambine, giocava con loro ed anticipava tutti i loro bisogni. Peccato per questo piccolo particolare dell'abbandono mattutino...
Ora sono serena, la mia era una scelta obbligata. Non potevo più fidarmi di una persona così. Ora andrò avanti, domani verrà un'altra persona a fare un colloquio e vedremo come va a finire.
Però questo fatto mi ha privato di qualcosa, lo sento; ecco perchè parlo di leccarmi le ferite.
 La mia ingenuità se n'è andata via con Stella

mercoledì 6 aprile 2011

Stella e i Lego

Ho già parlato in questo mio neonato blog della signora che si occupa di Bianca, il cui nome è Stella (contando che la bambina che abita in un'altro appartamento di questa casa si chiama Luna, direi che potremmo quasi scriverci su una barzelletta!). Ha un'età indefinita, anche se lei sostiene di avere 31 anni, cioè 5 meno di me, ma sembra averne molti di più. Comunque sia, è una che è stata bambina più o meno quando lo ero io. Quindi, una che dovrebbe avere lo stesso bagaglio culturale ed esperienziale che ho io.
 DOVREBBE avere.
Se fosse in Italia lo avrebbe inevitabilmente.
Non qui, però.
Qui tutto è fatica e l'infanzia è ancora una questione di sopravvivenza.
Oggi pomeriggio Emma ha rovesciato sul pavimento il suo cestone pieno di Lego e ha iniziato a fare delle costruzioni. Io da piccola con i Lego ci ho passato delle ore divertentissime, ecco perchè, al momento di fare le valigie per trasferirci qui, non ho trascurato di dedicare un po' di spazio per questo fantastico e creativissimo gioco. Stella stava mangiando e ci guardava incuriosita. In genere, quando ha finito di mangiare sta un po' a giocare con le bimbe e poi si prepara per tornare a casa, dai suoi figli. Oggi no.
Oggi si è seduta per terra, tra Bianca ed Emma. Prima, silenziosa e un po' intimidita, le ha osservate giocare; dopo qualche minuto si è sciolta e ha allungato una mano per afferrare due pezzi colorati: li ha uniti tra loro e subito ne ha presi altri due. Poi ancora due. E ancora altri.
Concentrata, come può esserlo un bambino piccolo alle prese con un nuovo gioco, ha sistemato un pezzo sopra l'altro, senza nessun criterio se non il bisogno di unire colori e forme diverse.
Quando, inevitabilmente, la costruzione è crollata per mancanza di stabilità, ha ricominciato da capo, instancabile.
Dopo un'ora di puro divertimento, finalmente il suo pragmatismo ha prevalso.Il viaggio verso casa è lungo e impervio, non bisogna indugiare. Si è alzata, si è sistemata il vestito, si è infilata le ciabatte e ha lanciato un ultimo sguardo - bramoso- verso i Lego, abbandonati sul pavimento:
 "Continuo domani", ha detto.
Poi  ha salutato me e le bambine e se n'è tornata a casa dai suoi bimbi.
Che, ormai lo so, non hanno i Lego.

martedì 5 aprile 2011

farfalle in biblioteca

L'altra sera è scoppiato un temporale (di tipo tropicale, s'intende). Tutto è incominciato con forti raffiche di vento, giganteschi nuvoloni neri hanno oscurato le stelle e poi è arrivata la pioggia. Tanta pioggia. A secchiate. Non so quanto sia durato, perchè sono andata a dormire, "cullata" dal tamburellare dell'acqua sul tetto. Al mattino, pozzanghere di acqua fangosa ovunque, foglie e rami di alberi a terra, un tasso di umidità da capogiro.
Fin qui, nulla di strano: mi è già capitato in questi mesi di assistere a dei temporali, alla loro violenza, alla calma che ne segue, al rifiorire della natura dopo l'innaffiatura di acqua piovana. 
Ma non ero preparata a questo.
Arrivata a scuola, stanca come lo si può essere solo al lunedì mattina, sono entrata in classe a testa bassa, pensando a quante ore mi separavano dal letto e dal riposo serale. Dopo aver salutato i bambini, mi sono seduta alla cattedra.
AAAAARRRGGGGG!!!!! con un balzo da giovane gazzella mi sono trovata all'altro lato della stanza! Un coso scuro, grosso e peloso aveva sfiorato la mia mano e la mia mente ha per un nanosecondo visualizzato l'immagine del topo che proprio l'altra sera mi ha attraversato la strada. Ricuperata un po' di dignità, sempre davanti agli occhi sconcertati dei miei studenti, mi sono avvicinata per dare una seconda occhiata: noncurante di me e della mia codardia, sulla mia sedia stazionava una farfalla di dimensioni considerevoli, esotica cugina delle nostre falene. Scampato pericolo! Una farfalla, per quanto grande essa sia, è sempre una farfalla! così l'ho fatta sloggiare dal mio scranno e ho incominciato la lezione. Ma non era finita: Una manina, dal banco in fondo a destra, ha attirato la mia attenzione. "Sì, Ale, che c'è?", chiedo. "Maestra, dovremmo chiudere la porta, se no ne entrano altre. Sai, dopo la pioggia arrivano sempre...". La lezione l'hanno fatta loro a me: la pioggia, qui, porta le farfalle. Non solo acqua. 
Le ho ritrovate, poi, le farfalle. Stamattina erano tutte sul muro del corridoio, che da bianco è diventato tutto nero da tante ce n'erano!
La scuola italiana è un edificio molto grande, con le aule tutte affacciate ad un corridoio che in realtà è un lungo balcone, che dà sul giardino. Quindi è all'aperto e lucertole, gechi e insetti vari la fanno da padroni ed escono ed entrano dalle aule a loro piacere.
Oggi stavo mettendo in ordine i libri della biblioteca: approfittando dell'assenza di molti dei ragazzi (che sono in gita scolastica in Sicilia), noi insegnanti abbiamo alcune ore libere e così ci siamo lanciati nell'impresa di risistemazione del patrimonio librario della scuola. Io mi stavo occupando della sezione dedicata alla letteratura italiana, a storia e a geografia. Ma ogni volta che spostavo un volume, ecco una farfalla alzarsi in volo, impolverata e- lo immagino io- tossicchiante. Nel giro di pochi minuti, la biblioteca si è riempita di farfalle, alla ricerca di un altro posto in  cui rifugiarsi. Da qui la mia riflessione, che segue:
Qui non abbiamo topi di biblioteca.
Qui, in biblioteca, abbiamo le farfalle.

domenica 3 aprile 2011

Acqua.... Acqua!!!!

domenica 3 aprile
siamo senz'acqua.
Questa mattina, appena sveglia, sono uscita sul balcone per godermi i primi raggi di sole. Lo faccio spesso, anche in Italia: fa parte del rituale di iniziazione alla giornata, di cui fanno parte umili ma importantissimi gesti, quali bere il caffè, fare pipì, lavarsi i denti, ecc.
Ma stamattina un particolare ha attirato la mia attenzione: una ragazzina, mai vista prima, in ciabatte e vestitino rosa, stava arrivando dal cancello con un enorme secchio di plastica blu in testa. Siccome la nostra casa ospita 4 famiglie e appena al di là del nostro muro di cinta si trovano gli alloggi dei relativi domestici, con i loro congiunti, ho subito capito (che genio che sono, eh?) che doveva trattarsi di una di loro. Mi sono appostata per vedere cosa avrebbe fatto e l'ho vista avvicinarsi alla pompa dell'acqua, aprire il rubinetto e riempire il secchio fino all'orlo. poi, come se nulla fosse, se l'è nuovamente caricato sulla testa (ragazzi, ma dovevano essere almeno 30 litri!!!!) e se n'è andata per la strada da cui era comparsa. L'ho vista entrare nei quartieri della servitù e poi è stata fagocitata in un mega caos di bambini e ragazzini schiamazzanti. Dopo qualche minuto, l'istinto di sopravvivenza mi ha dato un pizzicotto e sono corsa in bagno: dal rubinetto non scendeva nulla. Idem in cucina. idem nel bagno della mia camera. Eravamo senz'acqua. Inesorabilmente.
 Addio bucato! Addio lavaggio delle stoviglie della sera prima! Addio doccia e lavaggio denti! La mia ragazzina dal vestito rosa lo sapeva, altro che se lo sapeva! E si è venuta a prendere le ultime gocce, per lei e per la sua famiglia.
Prima di andare avanti devo spiegare come funziona qui la fornitura dell'acqua. Non esiste un acquedotto comunale che fornisca acqua corrente alle case: ogni singola abitazione deve fare da sè; la maggior parte delle case che ho visto è fornita di una cisterna, in bilico su 4 alti pali, posizionata nel cortile, da cui partono dei tubi (collegati ad una pompa nei migliori casi, che sfruttano la forza di gravità negli altri) che forniscono di acqua corrente i sanitari e la cucina. La nostra casa, eccezione fortunata, ha invece una cisterna nel cortile, che viene approvvigionata di acqua una volta al giorno: un'autobotte ogni mattina si carica di acqua dal pozzo,profondo 200 metri, che è situato nella Yarda (dove lavora Oscar) e la scarica nella nostra vasca. Una pompa poi provvede a rifornire tutte le abitazioni.
 Con il caos delle elezioni di questi giorni il rifornimento è stato un po' problematico e così siamo arrivati a contenderci l'ultima goccia di acqua rimasta. Noi, abituati ad usare ed abusare dell'acqua, ci siamo finalmente resi conto di quanto sia prezioso questo elemento. L'abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. La ragazzina dal vestito rosa sa anche questo, anzi, si può dire che non conosce nient'altro. Perchè l'acqua è vita e qui è sempre una lotta per la sopravvivenza.
Mentre scrivo, l'acqua è tornata, l'emergenza è finita, i denti sono lavati, lo sciacquone è stato tirato. Siamo salvi!

sabato 2 aprile 2011

no movement

sabato 2 aprile
non possiamo uscire di casa... Non perchè la macchina sia rotta o perchè qualcuno di noi stia male; in realtà è un'imposizione dall'alto a tutta la popolazione. oggi iniziano le votazioni per le elezioni presidenziali e per ragioni di sicurezza è stato vietato a tutti di uscire per le strade dal mattino fino a sera. E' una novità, direi piacevole, tutto sommato, perchè come noi sono bloccati a casa anche i nostri vicini e così ci siamo uniti a loro per passare la giornata. in questo momento nel giardino è in atto una partita di ping pong a cui partecipa anche Oscar; Emma sta giocando con una delle bambine che abitano qui e credo che tra un po' metteranno in funzione la piscinetta di plastica che c'è in giardino; Bianca è qui con me e sta dormendo. Forse nel pomeriggio ci metteremo tutti insieme a preparare le tagliatelle. L'atmosfera è festosa, perchè difficilmente si ha l'occasione per passare del tempo tutti insieme: ognuno ha la sua vita, gli orari non sempre coincidono e invece questa imposizione di stare a casa costituisce una pausa nella routine, spesso un po' troppo movimentata per i miei gusti.
In queste ultime settimane la stanchezza mi è piombata addosso come un macigno: vorrei dormire tutto il giorno, vorrei non avere sempre mille cose a cui pensare, vorrei stare un po' sola per riordinare le idee. Che sono tante e spesso confuse. Vorrei poter districare i fili di tutti i pensieri che mi affollano la mente, farne tanti piccoli gomitoli separati per colore, ordinati; invece è tutto un caos...
Gli stimoli a cui sono sottoposta sono tanti, sia a scuola che a casa: troppi, per come ero abituata. In Italia, la casa era il mio rifugio, potevo stare tranquilla a riflettere e, nel caso, decidere io se farmi contaminare dall'esterno oppure no; qui invece, vuoi per la presenza dei domestici, vuoi perchè si vive molto anche all'aperto, non riesco quasi a costruirmi uno spazio tutto mio. E questo un po' mi stressa.
Ma d'altra parte costituisce anche una fonte quasi inesauribile di nuovi progetti. Non resisterei qui, se così non fosse.

le origini

in principio era il caos...
Partiti dall'Italia il 30 dicembre 2010, io e la mia famiglia (mio marito Oscar, mia figlia Emma di 4 anni e mezzo, mia figlia Bianca di 5 mesi), siamo arrivati nella notte dello stesso giorno nel caldo afoso di Lagos. Mio marito ha un contratto con una ditta edile, la stessa per cui ha lavorato suo padre, io sono stata ingaggiata dalla scuola italiana come insegnante. Viviamo a Victoria Island, un po' fuori dal centro di Lagos, in una bella casa con giardino che condividiamo con altre tre famiglie.

giovedì 31 marzo 2011

punti di vista di gennaio

eleko beach


Ciao a tutti gli amici, i conoscenti e i simpatizzanti che seguono le 
nostre avventure africane!!!
siamo ancora vivi, non temete!!! 
semplicemente io non ho più avuto tempo per scrivere. Infatti nei pochi 
momenti liberi ho dovuto preparare del materiale per la scuola (fine 
quadrimestre= interrogazioni e verifiche), ma ora sono abbastanza 
libera e così eccomi qui di nuovo!!
per chi di voi si sta vivendo male 
il freddo e la neve italiani, comunico che qui sfioriamo i 35 gradi, 
c'è spesso un bel venticello caldo che soffia dal mare e Emma e Bianca 
stanno prendendo un po' di colore. 
Domenica siamo andati al mare, 
approfittando dell'invito che ci hanno fatto i vicini di casa che con 
la loro barca ci hanno portato all'isola di Tarqua Bay, dove c'è una 
baia artificiale in cui si può fare tranquillamente il bagno: per noi 
ragazze una bella novità, per Oscar un tuffo nei suoi ricordi di 
bambino! Il posto è molto carino e rilassante. Il viaggio per arrivarci 
non è lungo, ma ci vogliono almeno 30 minuti di barca in mezzo alla 
laguna, così abbiamo avuto una nuova visuale della città, stavolta dal 
fiume. Emma ha preferito rimanere su quella spiaggia per tutta la 
giornata, perchè aveva secchiello e paletta e voleva giocare; io, Oscar                        
e Bianca siamo invece andati in esplorazione e abbiamo camminato sotto 
il sole cocente fino alla spiaggia più esposta alle correnti 
atlantiche. Non c'era anima viva, ma un numero incredibile di relitti 
di navi affondate nella zona. Sulla spiaggia granchi e conchiglie la 
fanno da padroni. Camminare a piedi nudi sulla sabbia è stato 
bellissimo! La passeggiata per arrivare lì, invece, è stata una 
sorpresa: incredibile come l'ombra di un albero, anche il più piccolo, 
può fare differenza!!! Tutto è caldo, tutto è fuoco puro! 

punti di vista di febbraio

Ciao a tutti, amici cari, come promesso vi scrivo qualche riga sul 
nostro nuovo mondo. Ovviamente il mio è il punto di vista di chi è qui 
solo da un mese e mezzo e che non conosce per nulla questa realtà. Ma 
forse è proprio la visione di impatto e non troppo rielaborata quella 
che coglie gli aspetti più salienti. Ho notato, infatti, che chi abita 
qui da tempo ha sviluppato una certa indifferenza per aspetti che, per 
chi arriva fresco fresco dall’Europa o da un qualsiasi paese anche solo 
un minimo civile, sono quantomeno scioccanti. Ad esempio molti non 
fanno più caso ai poveri, moltissimi, che vivono per strada, ai bambini 
che lavorano sotto agli occhi di tutti invece di andare a scuola, alle 
montagne di immondizie ovunque, all’assenza di qualsiasi norma igienica 
se non lo scrivere dappertutto per le strade “DONT URINATE HERE”, agli 
odori forti (è un eufemismo, credetemi). Poi però ci sono tanti aspetti 
che mi piacciono, in primis le persone. E adesso vi racconto quello che 
so di alcuni di loro. Meno male che qui non esiste ancora la legge 
sulla privacy…
Dunque, il personaggio che io amo di più in assoluto e 
con cui ho più a che fare è Stella, la tata (nanny) di Bianca, che è un 
donnone grande e grosso, con un sorriso più grande di lei. Tutti quelli 
che l’hanno conosciuta mi hanno detto che non potevo scegliere nanny 
più azzeccata, sia per la stazza, che si intona a quella del bianchino, 
sia per il carattere: ride sempre, è sempre contenta e ci sa 
decisamente fare con quella musona di Emma. Al mattino aspetta che io 
vada a scuola e poi esce: si mette Bianca sulla schiena, la fa su con 
una tovaglia che annoda sul davanti e via, su è giù per il giardino, 
con quella bimba dietro che ride e si dimena. Le canta canzoni, le dà 
la pappa, la fa dormire: non c’è bisogno che io le dica nulla, lei sa 
già tutto. Ha il cuore da mamma e la saggezza del popolo.
Poi c’è 
Jacob, il nostro cuoco, che mi intimorisce al punto tale che io entro 
in cucina solo quando lui non c’è! E’ bravo a cucinare, sa fare gli 
gnocchi, la pizza, il sugo per la pasta, ogni tipo di carne e o 
verdura, pulisce a fondo la sala, il corridoio, il bagno centrale, la 
mia camera e il mio bagno; non so perché, però, non va mai in camera 
delle bambine. Forse perché c’è un caos primordiale? Boh?!? Fatto sta 
che nel week end me la pulisco io… insomma, non sarà poi chissà che, 
no? Del resto l’ho fatto fino all’altro ieri…  Comunque anche lui è 
bravo con i bambini, ogni volta che bianca piange e io non la sento va 
lui a prenderla e la intrattiene fintanto che io non arrivo; non avesse 
quell’aria da Edgar, il maggiordomo degli aristogatti, sarebbe 
perfetto… Ogni tanto gli faccio gli agguati: mi nascondo dietro la 
porta e lo spavento. Lui si mette a ridere e io pure, così almeno si 
scioglie un po’… Ah, dimenticavo. Lui non è nigeriano, è del benin, 
così parliamo francese!!!
Poi ci sono i guardiani del cancello, due 
fenomeni incredibili, che stanno tutto il giorno sotto l’albero a 
chiacchierare; sono loro che si occupano del giardino e di tutto ciò 
che vi sta, dalla griglia alle sedie e ai tavoli.  Uno si chiama 
Mustafa, chiaramente di religione musulmana, che ha già rischiato più 
volte di finire sotto ad una macchina in quanto ha la pessima abitudine 
di mettersi a pregare in ginocchio su un tappetino in un punto del 
vialetto in cui passano le macchine; l’altro non so come si chiami ma 
ha un aspetto un po’ sinistro…
Poi c’è tutta una popolazione che 
quotidianamente passa sotto le finestre di casa nostra: il sarto, con 
una vecchia singer sulla testa e un cestino pieno di fili e rocchetti 
vari: se lo chiami, ti fa un orlo ai pantaloni al volo, sedendosi sul 
ciglio della strada, con la singer per terra. La venditrice di banane, 
che quando l’avvisti vai a chiedere a Mustafa di fermarla e di farti 
dare un casco di banane (buonissime!!); gli ocada, taxisti su due ruote 
che rischiano la vita nel traffico. Beh, sugli okada vale la pena 
spendere qualche parola in più… ce ne saranno alcune migliaia, dai più 
giovani ai più vecchi, e se hai bisogno di un trasporto rapido e veloce 
ti puoi affidare a loro. In realtà sono pericolosi, perché sfrecciano 
nel traffico senza curarsi dei semafori, delle precedenze e della 
giusta parte in cui sorpassare gli altri mezzi circolanti; inoltre, 
visto che per legge devono mettere il casco e farlo mettere al loro 
passeggero, ne vedi spesso alcuni che aggirano il problema infilandosi 
un cappello di lana (!) in testa!! Per non parlare poi del numero di 
passeggeri che trasportano: io ne ho contati fino a 4, due adulti e due 
bambini, su una motoretta poco più grande di un califfone…
Per strada 
passano poi in continuazione venditori di cibi vari, vari nel senso che 
non si capisce bene cosa siano: l’aspetto è quello di frittelle, ma 
vengono trasportati in contenitori di plastica tenuti sulla testa, 
sotto il sole cocente!! Insomma: non molto igienici, che ne dite? Tra 
questi ci sono però anche le donnine che vendono il pane e la frutta.

Ad un’altra categoria appartengono i “filosofi ”, quelli che stazionano 
tutto il giorno sotto l’albero dall’altra parte della strada. Io non ho 
ben capito di cosa campino, ma evidentemente la discussione che li 
tiene occupati già da tre settimane è di un certo interesse, perché io 
non li vedo mai spostarsi dalla loro posizione: sono lì al mattino alle 
6 quando mi sveglio, sono lì la sera alle 10 quando vado a dormire. 
Sempre parlando, a volte con toni più calmi, a volte più accesi. Che 
stiano trovando la risposta a qualcuna delle  grandi domande dell’
umanità? Chi siamo? Dove andiamo? C’è Dio?...
Ci sono i venditori di 
schede telefoniche, di abiti, di dvd tarocchi, di sigarette; ci sono i 
ciabattini, che ti aggiustano le scarpe sul momento o te ne vendono di 
nuove (nel caso non riuscissero nell’impresa) perché tanto ne hanno 
sempre alcune paia sul cesto che portano in testa; ci sono i giornalai, 
che si aggirano tra le macchine ferme nel traffico o stazionano sotto 
un albero aspettando che qualcuno li chiami; sempre in mezzo al 
traffico ci sono i venditori di caramelle e cioccolatini (neanche tanto 
sciolti!), di cravatte(!), di portacellulari, di fazzoletti per 
detergersi il sudore,…
Ci sono poi quelli che passano velocemente,  e 
li vedi anche accelerare il passo in certi punti: non perché abbiano 
effettivamente fretta, io credo, ma perché la fogna scorre a cielo 
aperto e a volte escono fuori degli effluvi che non vi dico!!! Per non 
parlare dei topi… veri ratti, lunghi dai 30 cm in su!
Che mondo, 
ragazzi!!! Veramente incredibile!!!
E i colori, poi, che colori!!! A 
cominciare dai vestiti, sgargianti all’inverosimile: proprio mentre vi 
sto scrivendo dal ristorante davanti a casa è uscita una matrona 
nigeriana con un abito elegantissimo rosa, copricapo tradizionale della 
medesima stoffa, scarpe e borsa rosa shocking!!!!  Questa era 
particolarmente vistosa, ma è consuetudine di tutti farsi fare abiti 
con la stoffa tradizionale, che è coloratissima. Coloratissime sono poi 
le case: ce ne sono di azzurro cielo, di lilla o viola, di rosa, di 
verde pistacchio,… sarebbero anche belle da vedere se non fosse che qui 
gli agenti atmosferici non perdonano (quando c’è il sole, è un sole che 
brucia, quando piove,  viene giù a secchiate) e quindi gli intonaci si 
deteriorano subito. 
I fiori, poi,  sono tanti e vivacissimi quanto a 
colori: ne ho visti di gialli, rossi, rosa, arancioni; nel piccolo 
vialetto per entrare in casa ci sono dei vasi e proprio in questi 
giorni è sbocciato un fiore stranissimo, fatto come se fosse una cresta 
di gallo, con tonalità che vanno dal fucsia al rosso magenta, ma nelle 
punte è quasi nero. Sul mio balcone crescono a getto continuo fiori 
piantati da chi abitava qui prima di noi: ogni settimana ne sfiorisce 
uno e fa il posto al successivo; la settimana scorsa ce n’era uno che 
sembrava uno di quei fuochi di artificio a forma di palla, una vera 
esplosione arancione, rossa e rosa, mentre questa settimana ho un vaso 
pieno di Belle di notte, di colore fucsia. Alcune piante hanno un 
aspetto così invitante e succulento che mi piacerebbe provare l’ebrezza 
di essere insetto per tuffarmici dentro…