mercoledì 22 marzo 2017

Pollice (opponibile al) verde

È mattina. Domenica mattina, per la precisione. Insieme ad un paio di amici e alle mie figlie, armate di busta di plastica e acqua, ci inoltriamo nella natura gentilmente offerta dallo stato nigeriano. Obiettivo finale: immersione nell'oceano. Obiettivo a breve termine: ringalluzzire i rispettivi giardini con alcuni esemplari della flora locale.
Dopo dieci minuti di camminata in mezzo al villaggio, dopo aver salutato come vecchi amici alcuni militari, un paio di vecchietti, circa un centinaio di bambini ( che ci hanno accolti al grido di "OIBO!!!", cioè "Bianchi!"), abbiamo le lingue avvolte alle caviglie. Nemmeno nel Sahara fa così caldo. Sono le dieci. Il sole è così caldo che evapora il cervello, o quel che ne rimane.
Stiamo meritando se sia il caso di inoltrarci ulteriormente, quando una piantina di ..boh!?chissà come si chiama... incrocia il nostro cammino. Ci guardiamo. È lei. La nostra prima preda. Ci chiniamo. La osserviamo da vicino. Accarezziamo con nonchalance le sue foglie. Facciamo un primo tentativo di estrazione. Senza dare nell'occhio, eh? non sia mai che uno dei nostri fan del villaggio si sia affezionato. Nessuno banfa. Se mai io rantolo, ecco. Poi, con un colpo secco, la estraiamo. Dalle sue radici, ancora umide, scrolliamo un po' di sabbia. Gioco di sguardi e...Zac... la infiliamo di prepotenza nella busta. Ci sta quasi per intero, nessuno se ne accorgerà. Del resto non c'è nessuna legge federale che vieti la sottrazione di piante dal suolo pubblico. Ma qui sta il problema, il nocciolo della questione, l'inghippo primordiale: siamo su suolo pubblico? Incuranti, proseguiamo. Naso all'insù, il vento nei capelli, alterniamo un passo dopo l'altro su una sabbia sempre più rovente. A pochi metri una piantagione di alberi del pane ci accoglie con un sorriso. O almeno è così che sembra a noi. Un'altra carezza, una tiratina e...zac... un'altra preda finisce nella busta. Un po' più in carne della precedente, in effetti ora una decina di foglie fanno capolino dalla borsa. Ma tant'è... in dieci minuti il raccolto è completo e ci avviamo verso la spiaggia. Accaldati ma soddisfatti, ognuno di noi pensa a quando, la sera, a casa, potremo mettere nei vasi il frutto delle nostre fatiche. Io mi immagino un bel giardino pieno di fiori tropicali profumati. Già... peccato non aver messo in conto la mia proverbiale incapacità di far crescere alcun tipo di vegetale. Passi una figlia, ne passino due, ma le piante proprio non sono il mio forte. Sotto le mie dita semplicemente le piante si suicidano. Nonostante le cure, l'impegno, i consigli di amici, l'oroscopo...
Così, con tanta speranza nel cuore, anche stavolta ci ho provato.
Vabbè, che dire? Andrà meglio la prossima volta?

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