martedì 24 maggio 2011

Al parco naturale

Domenica scorsa io e la famigliola siamo andati in esplorazione. Senza bussola, senza cartine stradali, senza gps, senza nulla se non i nostri occhi e una curiosità ancestrale.
Obiettivo del tour di ricognizione era trovare nuove spiagge in cui passare il fine settimana, possibilmente corredate di palme da cocco e poco frequentate. Le scarse nozioni di geografia locali erano comunque sufficienti per indirizzarci verso sud e così, lasciata la "civiltà", abbiamo fatto vela verso i luoghi più selvaggi di questa enorme metropoli.
Che dirvi? Le spiagge si trovano, ma nulla di soddisfacente e così, avendo capito che il nostro obiettivo non sarebbe stato facile da perseguire, abbiamo cambiato rotta e ci siamo imbattuti nel parco dello Chevron. o della Chevron, va sapere...
Qualche settimana prima Emma ci era andata in gita con la scuola e così, con lei come guida, ci siamo inoltrati in questo parco, nato pochi anni fa allo scopo di preservare quel po' di natura che ancora esiste qui intorno.


E' un vasto spazio parzialmente organizzato: un circuito fatto ad 8, su di una passerella sopraelevata, in cui si possono ammirare esemplari rarissimi di fauna e flora locale. In quest'ordine: un uccello lacustre, due iguane, una biscia arborea, uno scoiattolo, cinque scimmie, milleottocentocinquantaduemilioni di zanzare, una famiglia di pavoni con cuccioli al seguito, una tartaruga di 10 anni e una di 97 (con cui ho fatto - e vinto- una competizione di rughe).

Il tour completo dovrebbe essere di circa un'ora, ma noi abbiamo fatto alcune pause...


Le scimmie sono le meno timide: non sono molte, ma evidentemente assuefatte alla presenza dell'uomo. Io mi sono immaginata di essere nelle loro pellicce e di essere in gita al parco degli uomini. "Guarda quell'umano, mamma! Ci sta guardando attraverso una strana scatola! Senti? Ha fatto click! E guarda quel cucciolo, che corre su quel bizzarro albero piatto...Che carini che sono! Gli possiamo dare le noccioline o è vietato?"


"Facciamo la gara a chi corre più veloce?". 
"No, senti: oggi ho mangiato troppa insalata. Mi sento appesantita. Facciamo un'altra volta?"


Ogni metro c'è questa natura incredibile che sussurra, che freme, che bisbiglia. Un ramo si spezza al passaggio di chissà quale esemplare e subito ci si ferma nel tentativo- vano- di sorprendere una scimmia nel suo saltare di ramo in ramo, o un'iguana che caccia tra le mangrovie.
 Il fitto del bosco è quasi opprimente: non soffia un filo d'aria, il caldo è umido ed intenso, gli unici rumori provengono interamente dalla natura, che prepotente cerca un suo ruolo da soubrette. Almeno qui. 


Poi, improvvisamente, una radura si apre davanti a noi. Lo spazio ristoro. Un parcogiochi. Un gruppo di variopinti personaggi seduti all'ombra degli alberi: una famigliola di indiani che, come noi, cerca un po' di pace in questa calda domenica. Oscar fa due tiri a cricket con loro e per un attimo sembra di essere in Italia, in uno di quei parchi, frequentatissimi nei giorni estivi, quando basta che uno tiri fuori un pallone ed è subito partita.
E ti capisci anche se non dici una parola, se comunichi a sorrisi.

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